buon autunno e buon anno, sì
ma piove da mesi e il cielo va e viene schiumoso
sott’acqua chiudo le mani per trattenere le gocce
ma la pioggia è più sabbia che altro
e scivola giù in mezzo al fango
dopo ogni scroscio mi inginocchio
cerco di separare le gocce dai granelli di sabbia
ma non ne trovo una e il terreno è diventato mobile
tanto che non riesci più a distinguere
dove non è più quello che era
e dove è solo quello che sarà
che hanno già ordinato i nuovi modelli
e se è gocce che vogliamo, gocce arriveranno
gocce nuove da accostare all’occhio come lenti e poi vedere meglio
vedere che presto tutto sarà come prima e anzi:
ancora più nitido, ancora più bello
solo ci vorrà un po' di tempo
ché il tempo ci vuole sempre
e non fai prima se aggiungi più sabbia o più rabbia
dopo ogni scroscio mi inginocchio e con le mani
cerco qualche goccia in mezzo al fango
e, anche se non ne trovo una, continuo sempre
è un dolore cha aiuta toccarsi i lividi
sfiorarsi i bordi delle ferite
controllare se e quanto i tagli stiano cicatrizzando bene
se ti avvicini e togli piano piano un po’ di sabbia
puoi sentirla ancora brontolare, sotto, la terra
è stanca anche lei, stanca e arrabbiata
per mesi ci ha chiesto chi siamo e noi non abbiamo risposto
lo sai chi siamo, lo sai
siamo soldati anziani, noi
e a volte alzava la voce e continuava a chiedere
come ti chiami? come ti chiami? come ti chiami?
ma noi non avevamo tempo, non per lei
come ti chiami? dài, lo sai, ci conosciamo tutti
come ti chiami? ma come, non ci riconosci?
così, alla fine, ha perso la pazienza
perché noi siamo soldati anziani, ma lei è più anziana di noi
e ha continuato a urlare fino a quando tutti, chi prima e chi dopo,
abbiamo dovuto fermarci, alzare le mani e rispondere
eccomi, dimmi, sono qua
ma era ormai troppo tardi
in quei momenti il respiro è l’unica lingua possibile
tutto il resto non funziona, non più
non le parole, non gli sguardi, meno che mai i telefoni
ti disperi alle sette di mattina sui corridoi di un albergo
e dentro di te parli solo col cuore
tutta un’altra grammatica, tutta un’altra sintassi
e ti sembra di capirla la terra nell'attesa che qualcuno risponda
ti sembra di sentirlo quel pronto, tanto è dentro di te
e però non arriva, non risponde, non squilla, è occupato
e tutto è così mischiato con ognuno di quei tetti che mentre cammini su e giù ti sembra di sentirli crollare, ti sembra che le scale dell'albergo si muovano,
senti scricchiolii ovunque, voci
ma non quel pronto
oggi però c'è il sole e la vita continua
e allora domani in piazza non ci sarà nessuno a raccogliere gocce
o forse sì, ché volendo potremmo raccogliere tante cose
sguardi, braccia, pensieri, piccole anime
ma poi non lo facciamo
tanto stasera è sabato sera
e al telegiornale hanno detto che a l’aquila stanno tutti bene
e io ti garantisco che, se lo ripeti per cinque o sei volte svelto svelto, riuscirai persino a crederci
facciamo il possibile, noi
in mezzo alle macerie, alla paura, alla polvere
e nuotando nel fango simuliamo un finto stile libero
e non andiamo da nessuna parte
stretti dentro costumi cuciti per qualche altro
facciamo finta che il peggio sia passato
che non stiamo affogando
che prima o poi qualcuno ci salverà...
dimenticando che l'acqua non è il nostro ambiente
che noi non siamo fatti per nuotare
che la sabbia sta vicino al mare
e che a casa nostra il mare non c’è
nuotiamo con addosso costumi troppo stretti
e quando indossi qualcosa che ti stringe
finisci col sembrare più grasso, più osceno, più prepotente
soprattutto agli occhi di chi è asciutto e vestito
ma noi non siamo così
e anche se ci stiamo mettendo mesi per rispondere
alla fine rispondiamo
come ti chiami, dici
è che pensavamo non servisse
da anni viviamo in questa città
non siamo gente di molte parole
siamo soldati anziani, noi
ci piace la neve, la montagna, i lupi e gli orsi
tutte cose che non parlano e se interrogate rispondono con gli occhi
modelli troppo alti, forse: alibi
perché il soldato anziano, quello vero, ascolta e ripete anche cento volte, se l’altro non capisce
e la terra parla una lingua semplice, molto più simile al respiro
voleva solo dirci che stava di nuovo male come trecento anni fa
voleva che ci fermassimo, voleva salvarci
ma noi non avevamo tempo
siamo soldati impegnati, noi
e così eccoci, adesso
pieni di tempo per rispondere a tutto
pronti all’emergenza, all’ascolto, al segno, alla premonizione
quello che eravamo, adesso, ci appare di un candore abbagliante
a natale a casa nostra c’era la neve e si accendeva il camino…
ma troppi fuochi si sono spenti per sempre nei paesi qua intorno
per non sentire un freddo impossibile, quest’anno
così andiamo avanti a misurare l’ansia in magnitudo
e inseguendo equilibri altri andiamo sempre più giù
ma girando e rigirando il noi non si addensa
e, all’improvviso, anche il fango va bene, tanto ti senti nudo
poi la sera guardiamo la nostra storia raccontata male
e io non vedo niente, vedo solo una pioggia fitta e sfiancante
nella migliore delle ipotesi si tratta solo di fotografia
bella fotografia ma solo fotografia
vuota immagine senza neve e ben incartata
e i vicoli del centro sono zitti e sporchi e stanchi
e cuori che sanguinano andando al lavoro
e braccia che si ammalano abbracciando
e occhi che affogano cercando di arrivare
e il fuoco sotto terra che si solleva e bolle, solo per scaldarci un po'
e la natura che torna e si riprende tutto
e sopra mille bocche mi spiegano le cause
a me che, per dire, parlerei solo di colpe
e ogni giorno, ma più alle tre e trentadue, muoiono tante persone
ma così tante che alle volte si riempiono i cieli
le montagne, gli occhi, le spiagge
e forse, poi, si trasformano nel fuoco sotto
e forse è per questo che quest'anno è esploso tutto
e io chi sono, son forse un poeta?
no, sono un niente nel fango
e sparisco giù, ordinata, con gli altri
tra chiacchiere, cornicioni e piagnistei
un piccolo niente in mezzo alla palude
e insieme agli altri occulto, seppellisco e sciolgo
nascondo le gocce ai bambini, io
ma l’inverno adesso arriva e passa in un attimo
e la primavera è vicina
così vicina che sembra quasi troppo vicina
così vicina che vuoi quasi rivendicare il lungo inverno sopportato
ché non invano i venti hanno soffiato
e non invano ha infuriato la tempesta,
come scriveva esenin, qualche tempo fa
anche per questo noi ce la faremo ma solo non dimenticando
ricordando che alle calamità naturali non si risponde come a un torto subìto, e alle guerre non si reagisce come a calamità naturali cui rassegnarsi, e che se dormire non è stato dolce ad aprile, a novembre sarà ancora più amaro
a volte si pensa di riparare a tutto il freddo di questi mesi
coprendo alcune emergenze di stoffa tricolore
ma non serve, è evidente
ché il freddo è troppo e troppo diffuso
e la coperta è sempre troppo corta
e noi per stare bene tutti dobbiamo stare bene tutti
e sì: c'è qualcosa che non torna
ma sono giorni così, poi passa
ché la vita continua
e tanto lo sapevano tutti
e in più c’era già la crisi
e i cocci, comunque, sono i tuoi
e ma io l’avevo detto
e sopra la panca la capra campa
e senza coperta la gente crepa
e da sempre il dolore degli altri è dolore a metà
e io respiro sott’acqua e so tutto dei terremoti
ce li spartiamo tra noi, innocenti
tieni assaggia questo
no, è stato più forte quello
e ingoiamo tutto
e a tratti rispondiamo
in mezzo al fango, dentro i centri commerciali
annaspiamo, noi
a formare il bianco doloroso delle onde
e quando proprio non ce la fai più puoi piegarti sulle ginocchia e rimanere un po’ così
sempre attenta all’onda che arriva
sempre attenta a non bere
ché l'acqua, hai solo trent’anni, ma è già tutta sporca
dei bambini morti in russia di quelli del molise di quelli di new orleans di quelli di messina
ché di onde ne sono passate tante
ma io mi ricordo tutto e non lo auguro a nessuno
e è perché sei giovane
ma, non ti preoccupare, passa: passa più in fretta che mai
e io respiro sott’acqua e continuo a pensare che non serve essere geologo per capire quello che c'è sotto
continuo a pensare che non devi far caso ai tuoni di poco fa
ché la natura, si sa, fa così: ma non può piovere per sempre
e quando smetterà, al sole, brilleremo come non abbiamo brillato mai
perché siamo soldati anziani e ce la faremo
ma ce la faremo solo non dimenticando
solo ricordando che una città senza uomini è una città abbandonata
ma una città senza case è ancora una città
una città ferita ma ancora e, forse più intensamente, una città
solo ricordando che se qualcuno ti chiede come ti chiami
si risponde con il proprio nome seguito da un sorriso
mi chiamo manuela e sono nata qua
Mi sento fortunata ad averti letto.
I miei complimenti... e grazie
Scritto da: Miri | sabato, 27 marzo 2010 a 20:44
dici che chiacchiero troppo? :-P
Scritto da: manu | lunedì, 23 novembre 2009 a 10:37
senza parole (che quelle ce le metti già tu)
lovU :-*
Scritto da: kovalski | lunedì, 16 novembre 2009 a 11:08
(no, arrivo.)
Scritto da: manu | venerdì, 13 novembre 2009 a 17:01
(beh? il blocco dello scrittore?)
Scritto da: baskerville | giovedì, 12 novembre 2009 a 17:48
casamia, quella notte ero a cambridge. ed è stato un incubo ma anche una fortuna. :-*
supergiovane, supergrazie!
Scritto da: manu | mercoledì, 11 novembre 2009 a 10:33
supercomplimenti!
Scritto da: supergiovane | lunedì, 09 novembre 2009 a 12:27
ricordo ancora quando ti ho accennato qualcosa, e mi sono poi accorta che tu non sapevi nulla , perchè eri in viaggio, chissà dove.
Scritto da: casamia | sabato, 07 novembre 2009 a 11:37
f, e cosa dice maria? così, solo per sapere se posso ancora sperare nei suoi carciofi! :-* (e vieni, no?)
mitì, che bello rileggerti qua! già solo per questo la riscriverei... :-*
antonio, grazie! di chi sono quei versi? :-)
xxx, grazie. non so se d si ritenga così fortunato come immagini, però gli ho girato la tua stima...
Scritto da: manu | venerdì, 06 novembre 2009 a 12:45
MANUELA, io ti adoro! Mi dichiaro tra i commenti e chiedo la tua mano.... lo so che sei sposata, ma fammi sognare!!! ;-P (Tuo marito è una persona molto molto fortunata ed ha tutta la mia stima.)
Scritto da: xxx | venerdì, 06 novembre 2009 a 12:09
come dice un'altro poesia :
mi chiedono l'ora
dico il tuo nome
complimenti !
Scritto da: antonio | venerdì, 06 novembre 2009 a 10:02
E' magnifica, Manuela. :-***
Scritto da: Mitì | mercoledì, 04 novembre 2009 a 22:46
lo sai che la tua prepogativa è quella di lasciarmi senza parole..sempre, che l'unica cosa che mi verrebbe da fare ora è mollare tutto e venire ad abbracciarti. in silenzio. allora stampo la poesia e la porto a maria, così che la legga anche lei.
Scritto da: f | mercoledì, 04 novembre 2009 a 16:37
grazie, stillpoint. e chi scrive da solo e poi legge in pubblico? :-P
Scritto da: manu | mercoledì, 04 novembre 2009 a 10:55
"chi legge è pericoloso, ma lo è di più chi legge in pubblico" .. bravissima, anche nel leggerla senza farti travolgere ma, sono sicuro, travolgendo. un abbraccio.
Scritto da: stillpoint | martedì, 03 novembre 2009 a 19:59
grazie mille a tutti. è stata una serata molto intensa. mentre scrivevo come ti chiami ho avuto mille dubbi. volevo stare lontana dai piagnistei e dalle polemiche sterili. però, nello stesso tempo, volevo che le mie parole fossero quanto di più diretto e autentico. e che risuonassero di tutto quello che ho provato in questi mesi. non so come sia riuscita a leggerla tutta senza farmi travolgere dall'emozione, senza cedere alla commozione che leggevo negli occhi di tutti quelli che mi sedevano di fronte e, soprattutto, senza sentirmi misera e stupida di fronte a qualcosa di così grande. vi abbraccio tanto.
Scritto da: manu | martedì, 03 novembre 2009 a 19:25
L'ho letta ieri sera, mi sono presa il tempo necessario per farlo, per fermarmi sulle parole, che tu sai usare e scegliere (e far suonare anche) così bene... Bravissima, mi unisco ai complimenti e agli abbracci...
ps. e poi quella foto in cima... Anche quella è emozionante!
Scritto da: Laura | martedì, 03 novembre 2009 a 14:13
Bella, densa, vera, evocativa e allo stesso tempo concreta! non so che dire, non trovo parole che possano stare vicino alle tue così efficaci; solo, mi viene in mente una cosa che ho letto tempo fa: una serie di racconti sul "momento" in cui succede tutto, e nulla sarà più come prima. Non erano male, c'era questa forte necessità che li sosteneva, la raccolta si chiama " Quando ho imparato a respirare sott'acqua" di Julie Orringer, Frassinelli. Magari non c'entra niente con te, ma me l'hai ricordata, e così te la passo! intanto sto pensando, mentre tamburello con le dita sulla scrivania! un grandissimo abbraccio, brava! monica
Scritto da: monica vannucchi | martedì, 03 novembre 2009 a 13:08
Bravissima.
Scritto da: uovofritto | martedì, 03 novembre 2009 a 10:54
è bellissima Manu, mi hai fatto commuovere. Sono parole le tue che meglio non potevano descrivere il dramma e lo stato d'animo di chi lo ha vissuto sulla propria pelle.
ti bacio, abbraccio e faccio le mie più grandi congratulazioni
Scritto da: albafucens | martedì, 03 novembre 2009 a 07:15
Senza respiro...
Scritto da: L'Alligatore | martedì, 03 novembre 2009 a 00:53
e sei bellissima...un abbraccio forte forte
Scritto da: stefano | lunedì, 02 novembre 2009 a 23:06
Mi hai fatto tremare, per quel ricordo e sensazione di terra che trema.
E mi hai fatto gioire nel guardare quella targa col tuo nome. Complimenti, bellissima!
Scritto da: Elle | lunedì, 02 novembre 2009 a 20:31
Che bello, l'hai pubblicata!
Com'è andata, sabato?
Scritto da: sancla | lunedì, 02 novembre 2009 a 19:14