E’ la storia semplice di un uomo di nome Attilio: professore di poesia all’università, padre di due ragazzine, ex marito, corteggiato sciupafemmine, scoppiettante conversatore.
E’ la storia di un uomo che, venuto a sapere che la donna che tutte le notti sogna di sposare è gravemente ferita in Iraq, corre da lei senza pensarci un attimo. E le rimane accanto tutto il tempo.
Tra Tom Waits che a mo’ di ritornello non fa che ripetere che di fronte all’amore non c’è niente da fare - proprio come quando il 21 marzo, vuoi o non vuoi, arriva la primavera -, in mezzo a cieli pesantissimi - tra mute antenne della televisione e ambiziose torri di babele -, sotto lo sguardo del solito perfetto Jean Reno che sembra cercare domande a risposte che possiede naturalmente - senza saper spiegare il perché. Attilio, invece, le domande le ha tutte. E, forse proprio per questo, ama. Semplicemente. Perché l’amore è la risposta per eccellenza. Perché nel suo amore riesce a risolvere il mondo intero: conquista, per così dire, un’immortalità di ritorno. L’immortalità che viene dall’eleggere la vita come unico scopo da perseguire e la morte come l’ultima cosa da fare prima di morire. Una possibilità alla portata di tutti ma ancora poco sfruttata. Una possibilità mancata che fa diventare La tigre e la neve la storia eroica di un uomo speciale. Attilio è un poeta, non certo perché insegna poesia all’università o perché i suoi amici frequentano il mondo della letteratura. Attilio è un poeta perché non ha paura di sporcarsi le mani con la vita, perché tra l’amore vissuto e l’amore scritto sceglie quello vissuto, perché per vivere è disposto a sacrificare i suoi privilegi. Certo, prima di partire, la comoda occidentalità che incornicia le sue giornate sfuoca un po’ la nitidezza del suo amore universale. Ma, al momento opportuno, non ha problemi a dimostrare di saper abbandonare le citazioni dai poeti classici e sopravvivere al meglio. Forse proprio patrimonializzando dal profondo certi adagi, forse - in un certo senso - reinventandoli.
E, davvero, per storie come questa non c’è bisogno di essere poeti, basta essere uomini. Ché l’umanità è al di sopra anche della poesia e la comprende. L’umanità è una delle più elette forme di poesia. Potremmo pensarla come prolungata esitazione tra suono e senso per citare Verlaine. Una poesia impalpabile e spalmata sui bordi delle cose, una poesia che poi è la vita stessa. Un sottile confine che, se Benigni, dando retta a questa o quella critica, avesse aggiunto più suono o più senso, sarebbe banalmente stato spostato verso la musica o la narrativa. E sì: narrativamente, alcuni punti di snodo potevano essere curati meglio. E sì: musicalmente, il ritmo presenta qua e là piccole smagliature. Ma non stiamo parlando né di narrativa, né di musica: stiamo parlando di poesia. Non stiamo parlando né di politica, né di amoruncoli tra giovani carini e disoccupati... ma di poesia.
Per questo sospendo il giudizio e sono felice della commozione che il film ha saputo regalarmi. Perché la poesia è dentro e se non riesci a trovarla non è certo colpa di un film. La poesia quella vera, ovviamente: ché, come in una cattelanesca scena del film, quando muore un uomo i fogli pieni di parole se li porta il vento…
Si è scritto che la guerra vista da Benigni è solo un espediente, che risulta gratuita nell’economia del film. Bene, mi chiedo quando non lo sia. La guerra è sempre di sottofondo, a meno che non fai il soldato. Ma forse anche in quel caso. Perché ogni uomo è un mondo, ogni uomo si fa la sua storia, ogni uomo guarda a quello che succede nel mondo attraverso la propria personalissima lente. Per una volta il cinema italiano si schioda dal racconto da tinello, dall’asfittico piccolo dramma in cui si dibattono coppie e coppiette, dal tradimento come unico modo per far virare una storia dall’ordine al caos… e noi lo puniamo come se si trattasse della solita storiella da botteghino natalizio.
La tigre e la neve ha ambizione, porta le sue telecamere in Iraq. Vuole inscrivere un messaggio semplice, eppure immenso e coraggioso, all’interno dell’orrore che ovunque è quotidiano. O, almeno, ci prova. Vuole che si sappia che l’amore è l’arma più disarmante che c’è. Non vuole essere né cerebrale, né ideologico. Così, non capisco il senso di quelle critiche: volevate più morti? La filmografia mondiale è piena di film con centinaia di cadaveri e neanche un messaggio. La nostra vita è piena di antenne televisive che parlano tutte le lingue del mondo senza dire una parola. In questo film si racconta di una guerra personale - e comprensibilissima - in mezzo a una guerra incomprensibile. Ed è il racconto di ogni vita, a ben guardare: tutte le vite sono così.
Si è scritto sulla banalità del tema dell’amore mentre l’amore non è banale mai, si sa. L’amore è una cosa difficilissima. E mi commuove pensare a quanto debba crederci Benigni per buttarsi in un’opera così: l’intellighenzia non ama le persone positive, è un fatto. Mi commuove e gli sono grata: per la possibilità che rappresenta, per la speranza che trasmette.
Non capisco gli appunti cavillosi alla sua recitazione. Tanto più se penso all’impunita produzione hollywoodiana che, per dirla con Ghezzi, ci ha dato per un decennio smaglianti prove di nullità cinematografica. A fronte di un messaggio nullo, a fronte di una presa di posizione inesistente, a fronte di un appiattimento emotivo che sa di cellophane.
In questo film c’è Benigni per quello che è. Ci sono i suoi soldi. C’è quello che pensa della vita, c’è la sua risposta a come viverla. C’è la sua innamorante Nicoletta Braschi in coma su una barella in Iraq e lui che la piange come se. C’è il suo corpo. Rischia sul personale, Benigni. A costo di sembrare goffo, niente controfigure. Né fisiche, né morali. Con la garanzia del se stesso in scena. Quell’essere meravigliosamente se stessi tipico dei pochi registi, oltre lui, veramente affascinanti del cinema italiano. Penso a Moretti e a Troisi, ovviamente. Registi-mondo cui, spesso, è stato riservato lo stesso astioso trattamento. Salvo poi, quando va bene, inchinarsi di fronte al genio di Allen…
amen
Scritto da: manu | domenica, 11 giugno 2006 a 15:29
INTERVISTA AD ANTONELLO DE PIERRO
Da Napolitano alle liti per le poltrone nel governo Prodi, all’Iraq, al sistema elettorale, all’economia.Il ''depierro pensiero''.
Angelo M. D'Addesio
*Iniziamo con le notizie politiche di questi giorni. La scelta di Napolitano come Capo dello Stato è condivisibile, giusta oppure si configuravano alternative possibili e se sì quali?
Sì, penso che Napolitano sia stata la scelta giusta, a dispetto dell’anzianità, anche perché vista la situazione che si era venuta a creare non poteva essere D’Alema, l’uomo giusto, avendo fatto la campagna elettorale per un determinato schieramento. Gianni Letta è stato sempre al suo posto, ma non dimentichiamo che è stato al centro dei fondi neri dell’IRI negli anni ’70 e quindi non era una figura credibile al momento. Mi ha fatto male vedere i 42 voti a Bossi, che è leader di uno schieramento che fa i raduni sul Po e cantava con i suoi seguaci la canzone “Abbiamo un sogno nel cuore, bruciare il Tricolore…”. Parlo di Bossi perché è stato il secondo più eletto. Penso che Napolitano è una buona figura, che sicuramente riuscirà ad essere al di sopra delle parti.
*Il Governo Prodi. Dopo la vittoria risicata che durata potrà avere questo governo e soprattutto come si risolveranno i diverbi interni ai DS o il nodo Mastella-Bonino per il Ministero della difesa?
Come durata mi auguro che sia di cinque anni pieni. Diciamo che le liti sono più nell’ambito dell’Ulivo, nel partito “unico”. Sembra che qualcuno abbia attribuito a D’Alema, la frase e la volontà di una doppia vicepresidenza del Consiglio, con Rutelli. Non sarà così. La vicepresidenza andrà, a mio parere, a Rutelli. Non sono d’accordo sulla scelta di Rutelli, in tempi passati ho trovato molto da ridire sul comportamento politico di Rutelli.
*E sulla questione Bonino-Mastella?
Sicuramente vedo molto meglio Mastella alla Difesa. La Bonino alla Difesa sarebbe una scelta contraddittoria, viste le battaglie pacifiste che la Bonino ha condotto in questi anni con i Radicali, Rutelli in primis. Non dimentichiamo il trasformismo esasperato di Rutelli, dai Radicali ai Verdi, per poi genuflettersi in Vaticano, passando alla Margherita.
*Rimanendo sull’argomento pace-guerra. A fine giugno dovrebbe esserci il rifinanziamento delle missioni in Iraq ed Afghanistan. Il governo Prodi avrà la volontà di svincolarsi dalle missioni oppure seguirà i propositi del governo Berlusconi?
Io mi auguro di no. Innanzitutto la missione in Afghanistan è stata ben diversa. Quella in Iraq è stata una missione di guerra, perché gli italiani hanno partecipato a diverse operazioni di guerra.
E’ eclatante il caso di Nassiriya. Lì sono di stanza gli italiani e ci sono gli stabilimenti dell’ENI che gli italiani hanno protetto durante la missione.
*Quali sono le possibili soluzioni politiche per risolvere questi nodi cruciali legati alle missioni in Iraq?
Io spero si trovi una soluzione che non sarà comunque facile, vista la situazione creatasi in Iraq. Penso che sia però il momento di ritirare i soldati dall’Iraq. C’è da sottolineare comunque il cinismo aberrante che accompagna il cordoglio per la morte dei militari italiani, dalla tragedia di Nassiriya. Berlusconi disse all’epoca “E’ come se fosse morto mio figlio”. Suo figlio non era lì, purtroppo o per fortuna e sono parole e frasi fatte. Il fatto di considerare i morti in terminI di mera contabilità di un bollettino di guerra dovrebbe far riflettere. Dietro ogni morto c’è una tragedia familiare che segna per tutta la vita.
*Si parla di Partito Democratico e di Casa dei Moderati. Eppure le formazioni sono molto disomogenee, la sinistra radicale va per conto suo. Saranno possibili queste elaborazioni in termini bipolari e quali saranno i tempi per queste soluzioni?
E’ una bella domanda. Io sono contrario all’unione DS-Margherita. Sarebbe il tramonto dell’ideologia. Questo già esiste, però se qualcuno ha ancora delle idee, ci troveremmo di fronte ad un’unica lista formata da coloro che combattevano, verbali o meno, ovvero democristiani e comunisti, la vecchia maggioranza ed opposizione. E’ come se in futuro si unissero Berlusconi e Prodi. Dall’altro lato la Casa dei Moderati è surreale. Nel centro-destra non ci sono moderati, per il sol fatto di aver accettato l’alleanza con la Lega Nord che è sempre stata contraria e lontana dallo spirito democratico e di moderazione. Fino a quando ci saranno certe alleanze, sarà difficile una Casa dei Moderati.
*In riferimento al sistema proporzionale come le pensa?
Ecco in riferimento a ciò è bene ricordare che l’art. 1 dice che “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. In realtà l’Italia è stata fondata più sul denaro, sulla ricchezza, che non sul lavoro. E’ stata più che altro una plutocrazia e non una democrazia, non di certo un governo del popolo. In questo senso la legge elettorale è stata un attentato alla democrazia. Non dare neppure la possibilità all’elettore di scegliere il proprio candidato, ma imporre candidature come quelle di Previti, peraltro arrestato in questi giorni o Dell’Utri che si è avvantaggiato di una legge ad personam, altrimenti avrebbe dovuto scontare due anni e sei mesi rende l’idea di come questa legge sia da rivedere, completamente.
*Il tema scottante del lavoro. Veltroni ha riabilitato la Legge Biagi, ha detto che è da riformare, ma non da bocciare completamente. Altri la considerano l’apice e la causa prima del precariato in Italia. Che posizione ha sulla Legge Biagi?
Non dimentichiamo che questa situazione è stata determinata in parte dal centro-sinistra. Bisogna invertire la rotta. Non dimentichiamo che il centro-sinistra introdusse i c.d. “Co.Co.Co.”, ora spariti per fortuna, per poter pagare i periodi di prova. Gli stessi sono stati strumentalizzati, infatti circa tre anni fa si arrivò a circa 2 milioni e 700 mila Co.Co.Co. Vorrei sottolineare un evento abbastanza importante su questo argomento.
*Prego.
Al Ministero dei Trasporti c’è una centrale operativa, che risponde agli utenti che hanno a che fare con la Motorizzazione Civile, occupandosi dei dati sensibili di tutti i cittadini. Prima l’appalto del call-center era stato dato ad una ditta privata. E’ qualcosa di assolutamente sbagliato affidare i dati sensibili di milioni di italiani ad una ditta che può passare la mano ad altre ditte, in barba alla legge sulla privacy. Tutto ciò non è affidabile. Circa tre anni fa, in proposito feci una trasmissione in Radio su Radio Roma, in cui si parlava del Co.Co.Co, come incostituzionale, perché prevedeva una situazione contraria all’art. 4 della Costituzione, perché prevedeva un lavoro da dipendente con le non garanzie del libero professionista. Nel caso del Ministero la nuova ditta che venne impose questo trattamento e c’era chi lavorava lì da 15 anni ed a 40 anni si vide costretta ad accettare.
*E’ il caso di rivedere tutto, di attuare una vera riforma.
Adesso ci sono i “contratti a progetto”. C’è un futuro nel segno del precariato e dell’incertezza. Sono aumentati i divorzi e sono diminuiti i matrimoni. Questo è uno degli effetti collaterali di questa situazione. Oggi un giovane non può neppure comprare una cosa, perché è necessario impegnare una busta paga per un mutuo o un affitto. Una volta si diceva “Ho trovato lavoro” o “Sono Disoccupato” oggi si dice “Lavoro, ma non so cosa farò”. C’è una grande incertezza. Non si parla più tanto di usura in questi tempi, non so se è notato, ma anche questo è un altro effetto collaterale indiretto che bisognerebbe approfondire e che è conseguenza di tale sistema. Berlusconi aveva promesso 1 milione di posti di lavoro, ma se sono questi, ha vinto la scommessa, ma il lavoro è un’altra cosa.
*Faccio l’avvocato del diavolo. L’impresa italiana è in crisi. La concorrenza asiatica è molto forte. La grande impresa sceglie la strada della vendita o svendita o della fusione all’estero. La piccola impresa è strozzata e quindi o sceglie la strada della flessibilità o cede al lavoro nero? Cosa è meglio e cosa il peggio?
Lavoro significa stabilità futura e lavoro è un diritto costituzionale. Lo Stato ha il dovere di tutelare il lavoro, ma mi sembra che lo stia piuttosto calpestando. Un lavoratore che mette su famiglia, lavorando in tre mesi e per altri tre mesi non lavora più, può essere schiacciato dall’usura. Si parla di mobbing, senza che ci siano però una legge adeguata. Ho partecipato ad un convegno sul Mobbing, constatando che una legge seria si attende da anni. Solo la Regione Lazio ha varato una legge regionale, fu un consigliere di Forza Italia a presentarla, Claudio Fucci, ma fu bocciata dalla Consulta su istanza del Governo Berlusconi, cosa abbastanza curiosa. Tornando al mobbing, questo tipo di impostazione del sistema lavoro, presta il fianco al mobbing. Lavoratori con contratti di più durata sfrutteranno quelli con contratti precari
E’ una situazione da ribaltare, magari con incentivi alle imprese che possano assicurare contratti a tempo determinato e con grosse penalizzazioni per le imprese che mantengono la vergogna dei contratti precari.
*Passiamo alla politica estera. Si dice che il binomio Usa-Italia è destinato a concludersi con l’avvento del governo Prodi che guarderà verso altri modelli ed altre collaborazioni. E’ possibile che l’Italia si rifaccia al modello spagnolo o a quello francese, ad esempio nel campo dei diritti civili. E’ vero che finirà anche il binomio Italia-Usa.
Io guarderei prima al mio orticello. Prima risolverei i problemi interni. La Spagna di Zapatero sicuramente, per quello che si sente, sta rinascendo dopo gli otto anni di governo Aznar. Se parliamo dei diritti civili, se vogliamo chiamarli così, io posso essere d’accordo personalmente con i PACS, ma non con le unioni omosessuali. Per giunta nella cattolicissima Spagna. E’ un po’ una contraddizione. In paesi come il Brasile forse non si arriverà mai ai matrimoni gay.
Quanto al rapporto con gli Usa, spero che possano continuare, ma attenzione, devono essere rapporti di scambi reciproci e non di sudditanza. Il Governo Berlusconi si è piegato al governo degli Usa. Lo stesso partito di Forza Italia ha una visione servilistica, Berlusconi ha impostato il suo modello con gli Usa allo stesso modo, ovvero servi del volere di Bush.
Quanto ai diritti civili, gli Usa stessi hanno molto da imparare, se pensiamo agli innocenti che aspettano il giudizio solo perché non possono pagare le spese legali. Si parlava poi di mercato con l’estero. Se penso alla Cina che è lo stato che vanta al mondo il maggior numero di esecuzioni capitali. Ebbene, fino a quando non ci sarà uno standard di rispetto dei diritti umani, io frenerei l’espansione commerciale ed economica della Cina verso l’Occidente.
*Le chiederei un parere sulla vicenda Calcio. Tema banale, ma saltato agli occhi della cronaca, della politica.
Io sono sconcertato da quello che è successo. Siamo abituati a situazioni poco pulite dell’universo Calcio. Situazioni poco chiare ci sono state anche in altri sport ed in altri organismi. Il Calcio è un gioco. Quando il Calcio diventa business, con squadre quotate in borsa ed altro. Non dimentichiamo i crack di Cagnotti e Tanzi. Dove c’è business si vengono a creare situazioni che permettono alle persone di arricchirsi illecitamente. Negli altri sport non esiste ancora tutto questo. Pensiamo al Calcio dei grandi valori, al grande Torino, perito a Superga, con grandi calciatori che giocavano per un premio-partita che poteva essere un cappotto.
Questo non dovrebbe accadere. E’ il caso di fare vera pulizia e che i magistrati vadano veramente fino in fondo per punire pesantemente i reati che sono stati commessi e dare una lezione a questi signori. Fra questi c’è anche Carraro e mi dispiace che sia stato sindaco anche a Roma, una città bella, rinata. Mi fa scemare un po’ di orgoglio di essere romano.
*Ultimo punto. Cosa dovrebbe fare un governo, in questo caso, il Governo Prodi, non dico in cento giorni, ma con estrema urgenza almeno nei prossimi sei mesi. Tre priorità su cui intervenire.
Prima di tutto la scuola. Soprattutto dopo la riforma Moratti che svalutato la scuola pubblica. Bisogna dare a tutti l’accesso alla scuola pubblica, al sapere che è il segno distintivo di un popolo. Altra cosa su cui operare la sanità. Un esempio è il modello tedesco è molto avanti. Si paga una tassa più elevata, ma in Germania viene tutto rimborsato, visite private comprese. Conosco un caso spaventoso di un barbone dimenticato su una lettiga fuori dall’Ospedale di Ostia. La tutela della salute è un diritto da non calpestare che favorisce anche una società più laboriosa. Infine va rivisto completamente il sistema lavoro, a partire dalle assunzioni.
Antonello De Pierro, giornalista, direttore del portale di informazione nazionale Italymedia e da tempo impegnato nel giornalismo di denuncia sociale. Ha collaborato per “La Stampa” e “L’Opinione”, ha diretto nel 2003 il mensile “Nuove proposte” ed ha condotto programmi nel circuito tv Stream, oltre che essere un assiduo ideatore di trasmissioni per Radio Roma ed altre emittenti locali nel Lazio. Oggi è molto attivo nel giornalismo on line e nell’informazione telematica grazie al sito di informazione da lui diretto Italymedia.it
Scritto da: ufficio stampa | giovedì, 08 giugno 2006 a 12:29
grazie a te per tutta l'empatia con cui le hai ricevute! :-)
Scritto da: manu | mercoledì, 07 giugno 2006 a 09:46
Tutte le parole di questo scritto sono interminabili frecce di poesia........... "veramente", grazie per avercele lanciate.......
Scritto da: Flavio Emanuela | martedì, 06 giugno 2006 a 20:06
giuseppe, ricevuto: non sospenderò troppo spesso il giudizio. ha ragione lei. d'altra parte temo il qualunquismo come poche altre cose al mondo. felice di aver ospitato le sue parole sul mio blog, torni presto. :-)
francesco, il punto è se il messaggio poetico ti ha lasciato qualcosa o no. a me sì, molto. e per questo ho scritto che sospendevo il giudizio. non certo che non giudicavo. è che si tratta di un film che ha saputo emozionarmi e allora, per una volta, ho messo da parte la tecnica. non importa la tecnica di fronta alla poesia. se la poesia è una poesia che dice, ovviamente. ti abbraccio.
Scritto da: manu | domenica, 13 novembre 2005 a 12:11
Non posso articolare il mio commento alla tua critica del film in maniera dettagliata, e questo perchè mi perderei in particolari inutili.
Ad ogni modo, il film è pieno di "potenziali" poesie, di molti "potenziali" messaggi. Ma di tutte queste entità "potenziali" molte sono state tristemente epurate, ai miei personalissimi occhi, delle emozioni che invece dovrebbero portare con sè, anzi "trasportare" dallo schermo al cuore.
E questo, a mio personale avviso, è accaduto perchè il film in diverse fasi, va avanti seguendo una storia troppo "finta", troppo poco credibile, benchè "potenzialmente" (!) affascinante. Mi riferisco ad esempio al rapporto di Attilio col medico presente all'ospedale, rapporto che inizia in maniera quasi commovente, con Attilio che cerca (e non trova) risposte dalle parole del dottore. Le domande di Attilio, e le vicende nell'ospedale, continuano come se si trattasse di una storia ambientata in un videogioco, con "livelli" da affrontare in successione. Voglio dire, è ragionevole che ci siano diverse fasi nella strada che conduce una persona alla guarigione, ma perchè calcare così il segno, perchè dividerle in maniera così marcata? Le poche parole del dottore e le diverse peripezie così organizzate nel tempo, hanno, ai miei occhi, rubato molta dell'atmosfera che, credo, Benigni avrebbe voluto trasmettere. E questo, lo ammetto, mi ha fatto anche un po' rabbia, perchè l'emozione, la pelle d'oca, erano lì, le potevo quasi vedere...ma tali "tecniche" con le quali la storia del film viene fatta procedere, hanno raffreddato buona parte di queste sensazioni.
Anche in altri casi il procedere del film ha influenzato negativamente le "potenziali" emozioni, frenando la poesia. E mi riferisco, ad esempio, al ritorno di Attilio, quando incontra il suo avvocato che non fa che starnutire, in maniera eccessiva: in una maniera che (sempre secondo me) lo spettatore è portato a dire "va bene, ho notato quei -fiocchi- di pioppi che invadono la città e che ti danno fastidio, li ho notati, ora smettila di starnutire in modo così forzato".
Come avrete notato, di tecnica cinematografica non me ne intendo affatto...ma ci tenevo a riportarvi questa amarezza che ha rivestito molte parti del film, figlia di una eccessiva forzatura narrativa che, al mio cuore, ha reso tiepide delle emozioni che, "potenzialmente", avrebbero potuto generare lacrime.
In conclusione, sembra, dai commenti che leggo, e ovviamente dal post a cui faccio riferimento, che la "poesia" sia considerata anche come forma di giustificazione per alcune pecche del film...beh, io credo che la poesia non sia affatto una giustificazione, la poesia ha una sua dignità che non va per forza coniugata in ogni senso possibile, è universale, è una emozione che non ha lingua. Ed anche se queste "pecche" sono presenti, perchè mai cercare di giustificarle? Questo film resta sempre una miniera di riflessioni e di introspezioni umane che la semplicità delle parole di Attilio-Benigni rende immortali.
Di mortale c'è la tecnica, e la poesia, credo, non ha intenzione di occuparsi di tecnica cinematografica.
Scritto da: Francesco | martedì, 08 novembre 2005 a 04:36
Gent. Manuela Ardingo,
in primis mi preme complimentarmi per questa sua recensione; davvero molto belle e toccanti mi sono sembrate le parole da Lei sapientemente stilate per questa opera. Ancorchè potrà sembrare strano, però, è proprio nel leggere e nel riconoscermi in parte nel suo scritto che ho capito perchè il film non mi è piaciuto. Si tratta di un obiezione di metodo che muovo al forte appello che Lei lanciato prendendo, a mio sommesso avviso, anche un po a pretesto il film di Benigni. Condivido le sue parole quando scrive: "ogni uomo è un mondo, ogni uomo fa la sua storia, ogni uomo guarda a quello che succede nel mondo attraverso la propria personalissima lente". Purtuttavia, ancorchè comune mi risulta questa sua premessa, sento di non poter condividere l'assolutezza delle conseguenze che Lei segnala quale necessario corollario a cui informare la generalità delle esistenze. Mi colpisce molto, infatti, quando Lei scrive:"l'immortalità viene dall'eleggere la vita come unico scopo da perseguire e la morte come l'ultima cosa da fare prima di morire", mi chiedo e le chiedo ma è sicura che tutti possano vivere in modo così intenso? Non alludo certo a coloro che non comprendono la possibiltà dell'immortalità da Lei ribadita quale necessità imprescindibile, ma mi riferisco a tutti coloro (troppi) che pur consci del valore della vita per la vita stessa non hanno a disposizione quell'opzione totalizzante che può rendere totalmente liberi. Sicuramente mi riferisco a tutti coloro che non possono "correre da lei senza pensarci un attimo" perchè gli attimi in cui pensano li hanno inibiti per sempre, o ancora alludo a coloro che pur "avendo tutte le domande" non riconoscono all'amore la dignità di risposta definitiva o, infine, a coloro che "tra l'amore vissuto e l'amore scritto" devono necessariamente scegliere quello scritto perchè quello vero può uccidere. In definitiva, quello che vorrei segnalarle e che non esiste una risposta vera per tutti, ma più semplicemente ognuno ha la sua parte di risposta, donata dalla personalissima storia individuale che ha creato quella personalissima lente attraverso cui si osserva la nostra personalissima realtà. Spesso si sospende il giudizio perchè si ha paura del disperato rigore della coerenza a tutti i costi, temo, di converso, che proprio in detta soluzione di continuità di giudizio alberghi l'alibi ad una scelta tanto meno gravosa quanto meno di valore assoluto, quindi, non sospenda troppo spesso il suo giudizio, rischierebbe di dissolversi nella lievita e nel qualunquismo. Giuseppe.
Scritto da: giuseppe | lunedì, 07 novembre 2005 a 23:44
franco, sono qua e ci resto. anch'io. :-)
Scritto da: manu | lunedì, 07 novembre 2005 a 10:17
Sì, ma poi: perchè dovremmo tutti andare in Irak? A far che? In America, dobbiamo andare, a riconquistare quell'idea di una democrazia che funziona, per esempio. E che, Jefferson è stato il primo venditore di pannolini, o invece è stato il primo grande Presidente del primo Paese che ha osato costruire una società realmente di eguali (non di finti eguali, fatti a macchina) nel nostro mondo? Perchè dobbiamo andare in Irak, quando non siamo capaci di far lavorare attivamente la democrazia, intesa come dinamica superiore a ogni e qualunque aristocrazia, quì, ora, adesso?
Non andrò in Irak, non andrò in Cina; io resto qui. E mi spiegheranno cosa stanno facendo, qui. Come lo spiegassero a Jefferson, come lo spiegassero ai padri fondatori di quell'America che adesso vediamo solo come un elefante che rompe le cristallerie di altri. Ma l'America, gli Stati Uniti d'America sono nati come il primo luogo al mondo in cui tutti entrano in gioco, e tutti meritano di entrare in gioco.
In questi mondi dove si entra solo per gentile concessione, mi spiace, ma non vedo. Sono mondi persi. Persi alla storia, persi alla memoria, persi anche davanti al Dio in cui credono. Se ci credono, se non usano anche Dio come strofinaccio per pulirsi le scarpe quando tornano nelle loro case vuote, senz'anima.
Scritto da: Franco | domenica, 06 novembre 2005 a 15:08
oh, nowhere man: quelli della notte... *sospira nostaligica e ti saluta tanto*
b-side, i ciao di passaggio sono sempre belli. :-)
franco, lo sai che non ho capito bene? :-P intendevi dire che benigni è un poareto che non possiede la meraviglia di un de sica? ah!
Scritto da: manu | venerdì, 04 novembre 2005 a 15:38
E se un grande eroismo fosse quello di restare qui? Per i film italiani chiediamolo ai produttori, cosa hanno in mente, quando devono finanziare un progetto. Questi qui, coi soldi, nascondono la loro miseria, la loro incapacità di osare. Lucrano, fanno gli usurai, scoprono il glamour della finanza, perdono i vantaggi, la meraviglia (e i guadagni) dei Rossellini e dei De Sica. Poareti. Va, va, col fondo piskin rendimento 67% e col nuovo investimento di petroliferi in sudafrica, và, và, bimbo; e restaci.
Dice il saggio (ma va là); beh, perchè no?
Scritto da: Franco | domenica, 30 ottobre 2005 a 22:56
eccomi di passaggio...solo per un saluto...a presto
Scritto da: b-side | domenica, 30 ottobre 2005 a 16:49
Sono d'accordo con quel che scrivi, ritengo Benigni un maestro "trasversale", uno dei pochi attuali, e probabilmente il solo cineasta, dopo Chapli, capace di far ridere e piangere nello stesso film, questo film lo ritengo il suo migliore, e l'Ultimo del Paradiso la sua performance più straordinaria, una pagina della televisione destinata a restare nel tempo come Quelli della Notte e pochissime altre cose. Saluti, NM
Scritto da: Nowhere Man | sabato, 29 ottobre 2005 a 17:11
il messaggio arriva, manuelita :-* - ti ho pensata molto in questi giorni...fai lo stesso con me, questo fine settimana, please! :-)
Scritto da: frieda | venerdì, 28 ottobre 2005 a 20:44
21venti: il persempre respirato, sì. come mi è dispiaciuto per ieri, non avrei mai voluto dover rimandare. :-( ti abbraccio.
d, è un male comune. solidarietà e sorrisi da qua.
cristina, arrivederci a te. e benvenuta. :-)
broono, te li presto. se vuoi. ce li scambiamo per un po'... ti va? :-*
marco, visto e (ri)letto. grazie. :-)
nonnopaco, né tempo per fare qualcosa di diverso. una volta che arrivano, ti occupano tutto. ti abbraccio.
irene, grazie! :-)
isabella, speriamo... :-P scusa se no ho ancora risposto alla tua email così gentile. ma, capirai, è un periodo un po' sconclusionato. baci.
effe, ma solo se avrò la facoltà di decidere la nuova destinazione dei soldi... una specie di fondo perduto. :-)
teresa, la vita è sempre più complessa di un film o di una poesia... ci mancherebbe! altrimenti la rappresentazione supererebbe l'originale e sarebbe un guaio. baci... quando vieni?
frieda, ci tengo molto al tuo giudizio e ai tuoi abbracci. lo sai. scrivere di cinema mi piace molto e, sì: il mio desiderio è farlo nel modo più onesto che posso. una specie di non trattare le opere degli altri come non vorresti fossero trattate le tue. ovviamente niente ipocrisie e marchette. solo una piccola ma motivata volontà di capire, un impegno sincero a lasciare che il messaggio arrivi dove vuole arrivare. una specie di partecipata attenzione che, in quanto aspirante artistoide, mi sento di dovere agli artisti che sfioro. tutti i baci che immagini.
faggella, i soldati vaghi sono un ossimoro. assumendo vago in senso dantesco...
Scritto da: manu | venerdì, 28 ottobre 2005 a 16:26
l'altro giorno hanno scoppiato tre bombe al palestine. leggevo le descrizioni del "vecchio e cadente" hotel su un giornale. non so, quando son stato io i visi pallidi non vevano ancora smacellato, bombardavano fuori città tipo aperitivo.
era un vecchio hotel dignitoso, in sesto, buono.
non credo che vedrò questo film almeno al momento. lo vedrò.
a baghdad ne ho viste di cotte e di crude e nessuna depone a favore dell'intervento. la democrazia senz'acqua e senza luce e coi bimbi che muoiono di leucemia, me la devono spiegare meglio. non l'ho capita.
allora i soldati vaghi non li voglio vedere. perché non sono vaghi, bisogna assumerlo.
Scritto da: faggella | mercoledì, 26 ottobre 2005 a 14:49
non c'è storia. come parli dei film tu, non parla nessuno. quello che trovo bello, nelle tue recensioni - dove, nella maggior parte delle altre che leggo trapela quel freddo e fastidioso cinismo che mi infastidisce ed allontana - è la bravura nel cercare di capire l'essenza, a 360 gradi, da ogni angolazione, senza influenze nè interferenza alcuna, e soprattutto mettendoci il cuore; non solo le belle paroline che fanno tanto intellettuale ma che non lasciano nulla di tangibile, alla fine. tu ci metti il cuore, sì, e tutta l'intelligenza che hai, onestamente, fregandotene di conquistare o ammaliare chi ti legge. e, in questo modo, riesci a far riflettere (e questo, secondo me, è il vero e unico scopo di un film. far riflettere, immedesimarsi, comprendere - attraverso le immagini, i dialoghi, i rumori, il diegetico e l'extradiegetico). ecco, io penso che questa sia davvero una strada che tu debba continuare a percorrere come stai facendo già ora, una (e non unica) strada che ti appartiene e dove riesci eccezionalmente bene. questo è un giudizio obiettivo, imparziale. (ti abbraccio manuelita. questo no che non è imparziale :-*)
Scritto da: frieda | martedì, 25 ottobre 2005 a 22:15
cara manu, ho visto il film sabato. E' carino, però la vita e la poesia sono molto più complicate di quello che il film lascia credere. Ci tengo a precisare che non ho letto alcun giudizio o critica. Baci!
Scritto da: teresa | martedì, 25 ottobre 2005 a 15:32
al massimo, ci rimborserai il biglietto
Scritto da: Effe | martedì, 25 ottobre 2005 a 14:37
a questo punto DEVO vederlo, anche se lo avrei perso volentieri visto che non mi è mai piaciuta la retorica un po' "allisciante" di Benigni.
Ma credo a te ed ai tuoi occhi e sono convinta che sapranno condurre anche i miei.
Ti abbraccio.
Scritto da: Isabella | martedì, 25 ottobre 2005 a 10:27
Ecco sono d'accordo proprio tanto. Sei brava a scrivere queste cose, io non ci riuscirei mai così. Ciao!
Scritto da: irene | lunedì, 24 ottobre 2005 a 23:07
brava manu. L'amore, la poesia,la libertà. Non c'è altro da dire per qualificarli, non c'è altro per cui valga la pena vivere....
Scritto da: nonnopaco | lunedì, 24 ottobre 2005 a 21:25
Ciao, Manu! Ti segnalo un tuo pezzo sul mio blog! ;-)
Scritto da: Marco | lunedì, 24 ottobre 2005 a 08:09
Il commento è alle tue parole.
"Poetiche".
Il commento al film, dopo che l'avrò visto.
Spero con i tuoi stessi occhi.
Scritto da: broono | domenica, 23 ottobre 2005 a 23:39
bello il blog arrivederci
Scritto da: cristina | domenica, 23 ottobre 2005 a 21:56
terribile vizio quello che mi fa affondare con ciò a cui m'attacco...
Scritto da: d | domenica, 23 ottobre 2005 a 20:01
carissima manu, inutile dirti che ho pianto per due terzi di film. concordo con te assolutamente, la poesia grazie a Benigni esiste anche sul grande schermo. e quel "lui che la piange come se" è perfetto, è il persempre respirato, lo straordinario amore che ognuno vorrebbe avere a faro luminoso nella propria vita. ti abbraccio :-*
Scritto da: 21venti | domenica, 23 ottobre 2005 a 19:53